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ILARIA DI FRANCESCO

La scultura tra i secoli XI e XIII nelle Marche meridionali

Si è reso opportuno, per il progetto di ricerca in questione, circoscrivere l'indagine ad una zona territoriale ben connotata da caratteri suoi propri, ovvero le Marche meridionali, nel territorio compreso tra i fiumi Tronto e Musone, entro le attuali provincie di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, escludendo le manifestazioni della zona costiera, che necessitano di una trattazione separata. All'interno di tale scansione territoriale si è poi deciso di privilegiare alcuni siti, rendendoli oggetto di un'analisi approfondita relativa anche alle manifestazioni architettoniche, per la ragione che tali siti si rivelano o particolarmente significativi all'interno dell'ambito geografico di riferimento, o perché misconosciuti, a dispetto della quantità e della pertinenza dei reperti scolpiti. Ovviamente, nel corso del lavoro di analisi si è tenuto conto delle diverse manifestazioni scultoree e dei loro rapporti reciproci, tentando di delineare un quadro il più possibile completo dell'area presa ad esame e di giustificarne la rilevanza entro i più ampi confini regionali, proponendodunque  una cronologia di riferiment.o La letteratura critica dedicata alla plastica marchigiana medievale non ha saputo o voluto rinunciare a descrivere i fenomeni artistici occorsi nelle Marche nei secoli XI e XIII come inevitabilmente derivativi, in particolar modo dalla maniera bizantina o, ancora meno plausibilmente, da quella lombarda. In secondo luogo, gli studi espressamente dedicati alla scultura non hanno mai saputo discernere con accuratezza le differenze di stile, di approccio e ispirazione che emergono ad un'analisi più approfondita del territorio marchigiano, limitandosi ad elencare una serie di fenomeni macroscopici, accostati secondo progressioni cronologiche saltuariamente giustificate dai confronti con le realtà extra-territoriali considerate più nobili e dunque anteriori.  A parziale difesa, va detto che lo studio dei manufatti scultorei marchigiani, siano essi dei complessi di capitelli in opera nelle cripte o nelle navate degli edifici ecclesiali, o le decorazioni dei portali, o frammenti erratici di varia derivazione, non si presta, per sua natura, ad una sintesi unitaria che consenta di stabilirne una storia critica lineare o, se non altro, ascrivibile ad un'unica temperie culturale. In questa regione di confine, a sua volta per lungo tempo divisa in aree di influenza ben distinta (il gastaldato longobardo a nord, l'influenza romana a sud-ovest, la penetrazione costantinopolitana sulla costa), non si rintracciano correnti unitarie.

In questo studio si tenta tuttavia di dimostrare come le maestranze locali in opera nei cantieri marchigiani espressero compiutamente la propria cifra stilistica, spesso mostrando un piglio fantasioso che sopperì alle carenze tecniche e, probabilmente, guardando assai poco a quei presunti modelli, anteriori nel tempo, che i lapicidi marchigiani o ignorarono del tutto, o utilizzarono come mero contenitore di iconografie, secondo un gusto comune all'epoca che ha più a che vedere con le preferenze della committenza che con le capacità effettive dello scultore.