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GIULIA BONARDI

TITOLO: - La collezione di disegni di Giustino Ciampini

La tesi di dottorato parte dall’analisi di un gruppo coerente di disegni – copie tratte da mosaici medioevali di chiese di Roma, attualmente musealizzate presso la National Gallery of Scotland di Edimburgo – commissionati nella seconda metà del XVII secolo dall’erudito romano Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698), e alla sua morte passati nelle mani del collezionista, amatore e mercante d’arte, l’oratoriano milanese padre Sebastiano Resta (1635-1714), coll’intento di chiarirne fatti e dinamiche interne. Il codice scozzese muove e sollecita nuove e più approfondite indagini del tessuto sociale che le ha prodotte mettendo in relazione due personaggi che nel loro approccio al Medio Evo artistico si pongono quali alterità nella Roma di Giovan Pietro Bellori: la Roma di Ciampini, assiepata e laboriosamente operante nei circoli eruditi delle accademie scientifiche e letterarie; la Roma di padre Resta, decisamente avvertita nei riguardi dei fatti della storia dell’arte vasarianamente intesa, ma non estranea al brulicante e vitale commercio che intorno alle opere ferveva.    

Da queste ricerche è emerso, infatti, un precoce e peculiare interesse del padre Resta per le testimonianze artistiche di età paleocristiana e medioevale, da lui già valutate sotto il profilo stilistico, e dunque riconoscendone la funzionalità estetica, secondo un orientamento molto diverso da quello eminentemente devozionale promosso dagli eruditi e dai teorici d’arte della Controriforma da cui non è estraneo ancora il Ciampini e le sue opere di erudizione ecclesiastica, i Vetera Monimenta, in quibus Musiva Opera…, per le quali si è compreso furono realizzate le copie della National Gallery. Analizzando e approfondendo, in questa direzione, quanto sappiamo delle scelte collezionistiche e le pratiche di lavoro dello stesso oratoriano diventa possibile, allora, riconsiderare, partendo dall’inquadramento critico del problema fornito nel pionieristico saggio di Giovanni Previtali del 1964, l’apertura del milanese quale episodio notevole di fortuna dei ‘primitivi’, inquadrato nel più grande e spinoso problema della composizione di una storia dell’arte italiana per scuole regionali.

Il lavoro in ultimo ha inteso approfondire la problematica inerente la riscoperta dell’arte medioevale nel contesto del collezionismo anglosassone ripercorrendo le vicende delle copie di Edimburgo, trasmigrate appunto in Gran Bretagna nel 1710/11 all’indomani della vendita a lord John Somers della ingente collezione approntata da Sebastiano Resta per il vescovo di Arezzo Giovanni Matteo Marchetti, certamente il maggiore dei suoi acquirenti.